La fenomenologia di Gustavo Rol si divide essenzialmente in due categorie: da un lato quelli che lui chiamava esperimenti, dall'altro una vasta antologia di prodigi di ogni tipo. Gli esperimenti venivano svolti attorno ad un tavolo, a casa sua o a casa di altre persone. Il numero dei presenti andava, di norma, tra le cinque e le dieci persone. Gli "strumenti di lavoro" erano generalmente costituiti da fogli bianchi extra strong e da comuni mazzi di carte da gioco. Sia i fogli che le carte spesso erano ancora nuovi, ancora impacchettati nei rispettivi involucri. Talvolta era qualcuno dei presenti (spesso uno scettico) che portava da casa, o comprati nuovi, suoi mazzi o suoi fogli. Attraverso questi due soli strumenti, di cui si servivano tutti i presenti in modo casuale a seconda degli argomenti di cui si parlava, Rol metteva in atto numerose varianti su di uno schema di fondo prestabilito, così come può fare un jazzista che improvvisa un motivo inedito ma che ha come base l'inconfondibile ritmo jazz. Maggiore era l'armonia tra i presenti, migliore era la "musica" suonata...

Remo Lugli, autore di Gustavo Rol. Una vita di prodigi, edizioni Mediterranee, è stato testimone di molti incontri e dà una fedele descrizione della tipica serata da esperimenti:

«Le serate si dividevano di solito in due parti: prima una chiacchierata, poi gli esperimenti. Si discorreva almeno per un'ora; ed era soprattutto Rol che impostava la conversazione affrontando un tema o filosofico o di attualità. Oppure ricordava gli anni della gioventù... (...) Ma c'erano anche serate in cui gli piaceva scherzare, dimenticava i discorsi seri e si metteva a raccontare barzellette. E sapeva essere molto divertente. A un certo punto, in genere verso le 23, finiva la prima parte della serata. Rol proponeva di lasciare le poltrone e si passava al tavolo, che era sempre coperto da un panno verde, il suo colore preferito, quello che gli aveva dato ispirazione nei suoi primi esperimenti. (...) L'atmosfera, diciamo paranormale, si scaldava con le carte. Davanti a lui erano allineati non meno di otto mazzi da poker, ognuno con il dorso di colore e disegno diverso, quasi sempre nuovissimi perché l'intenso uso li deteriorava facilmente, oppure erano da conservare perché diventati "testimoni" di un particolare esperimento con una o più scritture apparse tra i semi senza il diretto intervento suo. Poteva capitare che, di fronte a un mazzo ancora avvolto nel cellophan, avesse l'estro di far partire la serata proprio da quello: stabilita una carta, sulla omologa racchiusa faceva comparire un proprio segno di matita lasciando l'involucro intatto e senza toccarlo. (...) I mazzi li maneggiava poco, li faceva sempre mescolare e alzare ai presenti. (...) Gli esperimenti di Rol con le carte da gioco - erano esperimenti e non «giochi», questo bisognava ben rammentarlo - venivano fatti a volte in sequenza rapida come una esplosione pirotecnica. Bellissimi, eleganti, a vederli si restava stupiti ma al tempo stesso con la sensazione che fosse una cosa naturale, facile. Ad esempio: faceva mescolare sette mazzi di carte e da un ottavo mazzo faceva scegliere una carta, poniamo il sette di picche. Passava una mano sul dorso dei sette mazzi allineati e poi scopriva di ognuno la prima carta: erano tutte sette di picche! Oppure: posava sul tavolo un mazzo aperto a ventaglio con il dorso in alto e il suo indice gli scorreva sopra, ad arco, come una lancetta d'orologio. "Datemi l'alt" diceva. Allo stop, il dito si abbassava sulla carta sottostante che veniva estratta. Era, poniamo, il tre di fiori. Davanti a lui erano allineati sette mazzi tutti preventivamente mischiati, tutti con le figure coperte. Ne prendeva uno e con un gesto rapido lo lanciava sul piano del tavolo in modo che le carte si distendessero allineate lungo una retta. Risultavano tutte col dorso, eccetto una che presentava la figura: ed era il tre di fiori. Non si erano ancora spente le esclamazioni di meraviglia dei presenti, che Rol lanciava ad uno ad uno gli altri sei mazzi e tutte le file si allineavano mettendo in mostra ognuna una carta girata: il tre di fiori.»

Il primo libro dove si parla diffusamente di Gustavo Rol è Gusto per il Mistero, Sonzogno, anno 1954, dello scrittore Dino Segre, in arte Pitigrilli. Ecco alcuni degli esperimenti da lui visti:

«Intanto avevo promesso ad amici romani di presentare loro il dottor Rol. La prima reazione di questo stranissimo uomo è rispondere no. Ma poi, per non dispiacere a un amico, rettifica la sua decisione: "Che però non mi chiedano esperimenti".
"Non ti chiederanno esperimenti".
Conviene preparare l'ambiente: raccomandazione indispensabile: Non chiedetegli esperimenti.
Linea di condotta da seguire: Dottor Rol, non le chiediamo di presentarci i suoi esperimenti. Ci spieghi di che si tratta.
"Che cosa volete che vi spieghi? Mandate a comperare alcuni mazzi di carte".
[Il fattorino dell'Hotel si precipita ad acquistare i mazzi. Al suo ritorno i presenti assistono ad alcuni esperimenti. Rol dice ad uno di loro:] "Lei si metta in tasca un mazzo; quello che crede. Si abbottoni la tasca. Apra l'altro, scelga una carta qualunque. La guardi. E ora, col suo lapis o con la sua penna, disegni nell'aria una parola, o la sua firma, o una cifra. Sulla carta ancora chiusa nel pacco, abbottonata nella tasca, e corrispondente a quella che ha scelto, troverà la parola che lei ha scritto nell'aria con la sua penna o con il suo lapis". La persona che si presta scieglie una carta, il quattro di fiori, per esempio, disegna nell'aria una firma; apre il pacco; cerca il quattro di fiori; la firma, eseguita con quel lapis, attraversa la carta».

Gustavo Rol
(© Archivio Franco Rol)

«Una sera eravamo in casa del giornalista pittore Enrico Gianeri-Gec. (...) Dopo alcuni esperimenti Rol disse:"Gec, lei mi è simpatico; finora ha visto esperimenti di primo e secondo grado. Le offro qualcosa di più. Prenda un mazzo di carte qualunque, lo tenga stretto tra le sue mani. Ripeta la seguenti parole" (e gli recitò una formula che non trascrivo). Il giornalista ripeté la formula e tutte le carte del mazzo furono proiettate a ventaglio come se contenessero esplosivo.
"Ora raccolga una carta qualunque: che è?"
"Dieci di picche", rispose Gec.
"In quale carta vuole che io la trasformi?", chiese Rol.
"In asso di cuori", rispose il giornalista.
"La fissi e dica queste parole", e Rol pronunciò una frase. Gec ripeté, impallidì, dovette sedersi. La carta che teneva tra le mani si scolorì, diventò grigia, una pallida macchia rosea si delineò al centro, si fece rossa, un cuore si disegnò. Chiamammo gli amici che nella sala accanto giocavano a bridge e la padrona di casa che, nella sua camera da letto mostrava a un'amica i suoi ultimi acquisti. Nessuno sapeva dell'esperimento, ma tutti alla domanda "che carta è'?" furono concordi nell'affermare che si trattava di un asso di cuori; esattamente come l'asso di cuori che era presente nella serie».

«Una sera, nello studio dell'avvocatessa Lina Furlan, Rol invitò il professor Marco Treves, docente d'università e direttore del manicomio di Torino. "In questa scatola" disse Rol "io pongo un foglio di carta piegato in quattro e un pezzo di grafite di lapis (mostrò la carta bianca e la grafite). Chiudo la scatola. Tutti voi appoggiate le vostre mani. E ora lei, professore, mi dica una frase qualunque". Il professore citò un verso di Dante: "Amor che a nullo amato amar perdona". "Sollevate le mani, aprite la scatola e leggete", disse Rol. Sul foglio era scritto il verso di Dante».

Una buona descrizione di esperimenti con le carte la troviamo nel periodico Quaderni di Parapsicologia del 26 gennaio 1970, diretto dai Dottori Piero Cassoli e Massimo Inardi del Centro Studi Parapsicologici di Bologna. Qui di seguito alcuni esperimenti commentati dal Dr. Cassoli: «Rol mi fa scegliere, mescolare e tagliare un mazzo che rimane davanti a me. Egli è distante da me più di un metro; fa prendere da un mazzo una carta al fratello del Dr. B. "La getti in aria e la lasci cadere!" gli dice. La carta cade con la faccia coperta. "La metta sul tavolo come sta". "Ne prenda un'altra e la getti in aria". Questa ricade a terra con il seme visibile: è il dieci di cuori. Rol a me: "Getti le sue carte sul tavolo, forza, via, come stanno!" Le getto facendole scorrere una sull'altra. Tutte sono coperte. Nel bel mezzo del mazzo una carta sola appare scoperta e visibile: il dieci di cuori».

«Rol mi dà un mazzo da mescolare e tagliare. Lo pongo davanti a me. Con altro mazzo e con tecnica varia viene indicato il quattro di cuori . Rol mi dice di porre la mia mano sul mio mazzo, di chiudere gli occhi, di cercare di vedere, di visualizzare un quattro verde e di pronunciare 'Hamma Hemma'. Fatto ciò mi dice: "Tagli il mazzo". Apro gli occhi e taglio. Taglio proprio esattamente dove c'è il quattro di cuori rovesciato, cioé con la carta a seme visibile, mentre tutte le altre sono regolarmente volte con la faccia in basso».

«Mi fa scegliere un mazzo di carte, me lo fa mescolare e tagliare, poi mi fa dire un numero, per esempio 20. Mi fa togliere 20 carte dall'alto del mazzo, poi mi fa fare alcuni mazzetti colle carte rimanenti. Fa scegliere ad un altro uno dei mazzetti (lui non tocca mai le carte, che d'altra parte sono lontane da lui). Mi dice: "Dica un numero!" "Dico 8" - "scelga le prime otto carte del mazzetto indicato" - Eseguo - "Ora disponga una carta nel centro e quattro attorno" - Eseguo - "Metta una mano sulla carta di centro" - Eseguo - "Chiuda gli occhi" e pensi intensamente al verde... Dica con me Hamma Hemma (ed altre parole che non ricordo)... Raccolga ora le quattro carte in cerchio" - Raccolgo - "Ora le faccia vedere". Sono un bellissimo poker d'assi».

«Rol chiede due libri alla padrona di casa a sua scelta. Gli vengono portati: "Cesare Pavese: Lettere 1924-1944" e, sempre dello stesso autore: "La bella estate" Edizioni Einaudi. Dapprima egli sembra poco convinto della possibile riuscita dell'esperimento; sfoglia un libro, il primo, come per prenderne "possesso", il tutto per pochissimi minuti; poi mi chiede di esprimere un pensiero, quello che voglio, o un desiderio. Io dico ad alta voce "Desidererei di tornare a Torino". Rol allora prende un mazzo, lo distende sul tavolo sgranato coi semi delle carte in alto, ben visibili. Poi da sinistra coll'indice teso comincia a scorrere verso destra abbastanza celermente, dopo aver chiesto alla signora B di fermarlo quando ella vorrà. Per tre volte si ripete la corsa del dito sulle carte e per tre volte l'alt della signora fa fermare il dito sulle carte quattro, otto, quattro. Rol allora dice: "Guardate a pagina 484". Io eseguo e leggo ad alta voce la prima pagina indicata: "Voi abbiate desiderio di tornare a Torino" !! (la frase completa, dalla pagina precedente era: "Mi meraviglia molto, mi stupisce che voi abbiate desiderio di tornare a Torino!"). Poco dopo, si stava chiaccierando, durante una brevissima pausa e il Dott. Inardi stava dicendo "Sono le tre ed io devo partire per Bologna alle sei, è inutile che io vada a dormire, altrimenti non riuscirò a svegliarmi in tempo per la partenza. Preferisco passare tre ore in stazione". Rol dice: "Proviamo con una parola detta ora, per esempio "dormire". "Vediamo se questa parola c'è nell'altro libro di Pavese (ed indica il secondo, "La bella estate"). Solita tecnica come per l'esperimento precedente, con cifre uscite dal mazzo nell'ordine asso, due, asso (1 - 2 - 1). A pagina 121 del libro, prima riga si leggeva: "-tevano dormire" (nella pagina precedente vi era "non po-tevano dormire"».

Nel 1966 esce un libro che raccoglie episodi e personaggi relativi a vari fenomeni paranormali. È Universo proibito, (SugarCo editore) di Leo Talamonti, che racconta qualche episodio del suo incontro con Rol: «Fu nel marzo 1961 che incontrai per la prima volta il dr. G. Rol. Gli avevo telefonato da Milano nel pomeriggio di un mercoledì, e si era rimasti d'accordo che ci saremmo incontrati in casa sua due giorni dopo, cioé il venerdì successivo, alle 21,30. Ma io anticipai la partenza e giunsi a Torino nelle prime ore pomeridiane del giovedì. Ero appena sceso in un alberghetto scelto a caso tra i numerosi della zona di Porta Susa, quando fui raggiunto da una sua telefonata assolutamente inattesa: "Ho cambiato idea: venga pure questa sera, alla stessa ora che avevamo fissato per domani".
"Ma lei come fa a sapere che sono già arrivato e che mi trovo in questo albergo?"
"Stavo disegnando a carboncino e la mano ha scritto automaticamente il suo nome, aggiungendo l'indicazione: albergo P., stanza 91".
Elementi, nella normalità, ignoti al sensitivo. Quando mi presentai a casa sua... avevo con me una delle solite cartelle di cuoio con vari incartamenti... mi apostrofò con queste parole: "Vedo che la sua cartella contiene due articoli sulla telepatia, già pronti ma non ancora pubblicati. Argomento interessante". "Era vero, ma come faceva a saperlo? Senza darmi il tempo di proseguire, disse: "L'avverto però che l'episodio riguardante Napoleone, di cui lei parla nel secondo articolo, contiene una inesattezza. Posso dargliene la prova"». E infatti Rol gliene dette la prova mostrandogli alcuni testi di storia e documenti specifici.

Nel 1975 Talamonti pubblica Gente di Frontiera, Mondadori, con un capitolo intero dedicato a Rol. Qui racconta di quando nel 1961 andò a trovarlo per fare il servizio giornalistico accompagnato da un fotografo: «Il mio improvvisato collaboratore non sapeva nulla dell'enigmatico signore che andavamo a intervistare; immaginarsi dunque come sgranò gli occhi quando il dottor Rol si rivolse a lui con queste domande, dopo averci introdotti nel suo studio: "Lei è sposato da pochi mesi, vero? E la sua mogliettina è bruna, con occhi neri?". "Sì, ma come diavolo..." " Aspetti. Come mai si sente sempre mezzo addormentato? Come ora, ad esempio. Lei soffre di astenia, e lo sa perché? Glielo dico io. I motivi sono parecchi, ma in primo luogo c'è l'appendicite cronica di cui soffre: non è vero, forse?". "Sì, ma lei come fa a sapere tutte queste cose? Mi ha fatto spiare?". (...) Ora mi dica: è vero che lei ha vinto 37.000 lire al totocalcio? Però ha perso molto di più, se tiene conto di tutte le somme che ha giocato in parecchi anni. Mi creda: non è il caso di insistere." Stavolta lo stupore aveva addirittura bloccato le facoltà di reazione verbale del giovanotto, il quale volgeva non più a Rol, ma a me, i suoi occhi spalancati, pieni di inespresse domande». L'episodio con il fotografo continua in "Universo Proibito": «...dopo di che ci condusse nella sua ben fornita biblioteca, e ci pregò di scegliere a nostro piacere quanti libri volessimo, per un certo esperimento. Prendemmo a caso dei volumi in varie lingue, poi lo seguimmo in una stanza più grande, dove il nostro ospite si pose a sette-otto metri da noi; e qui si verificarono alcune cose che nessuno spirito positivista potrà mai credere. Io indicavo a caso - col dito, senza precisare il titolo - qualcuno dei libri che il giovanotto reggeva ben chiusi sotto il braccio, pregando al tempo stesso il nostro ospite di "leggere" alla tale pagina e al tal rigo; e la stessa cosa faceva a suo turno il fotografo, nei riguardi dei libri che avevo portato con me. Ad ogni richiesta, il dottor Rol, con sicurezza e precisione, leggeva nel punto indicato del libro ben chiuso, e subito dopo noi controllavamo l'esattezza della lettura. Non riuscimmo mai a prenderlo in fallo. Per evitare la possibilità che egli ci imponesse mentalmente la scelta delle pagine, ne stabilimmo i numeri sulla base del valore di certe carte scelte a caso da mazzi ben mescolati. Ci alternammo nella scelta dei testi; ripetemmo l'esperienza fino a stancarci; infine ci arrendemmo all'evidenza». E così si conclude di nuovo in "Gente di Frontiera": «Poco prima che ci congedassimo dal nostro ospite, questi sedette un momento alla scrivania, scarabocchiò qualcosa su un foglio e coperse lo scritto con la mano; subito chiamò accanto a sé il fotografo e lo pregò di dire un numero qualsiasi. "Di quante cifre?" chiese il fotografo. "Come preferisce", disse Rol. "Allora facciamo 753", decise il giovanotto. "Strano: lo avevo già scritto", rispose Rol mostrandogli il foglio. Era vero».

Il primo libro dedicato esclusivamente a Gustavo Rol, e l'unico uscito quando era in vita, è quello del giornalista Renzo Allegri, Rol l'incredibile (poi Rol il mistero), Musumeci editore, del 1986. Eccone alcuni stralci:

«Un giorno invitai a casa mia Rol per fargli vedere un quadro che avevo appena acquistato. So che non ama certa pittura contemporanea, ma, poiché è un grande intenditore d'arte tenevo molto al suo giudizio. Accompagnandolo in salotto gli dissi: Ecco il quadro. "Non mi piace" disse subito Rol e aggiunse: "Te lo scarabocchio". Estrasse la sua famosa matita e la puntò contro il quadro tracciando dei segni nell'aria. Per carità non farlo, gridai io. Mi è costato un sacco di soldi. Corsi verso il quadro per vedere se Rol me lo avesse rovinato, ma non notai nessun segno. Meno male che non hai combinato disastri, esclamai sollevato. "Prova a togliere quel quadro", disse ancora."Lo tolsi e sul muro c'era un vasto scarabocchio a matita. Rol aveva risparmiato il mio quadro; ma aveva manifestato il suo dissenso scrivendo sul muro sotto il quadro».

«A volte Rol 'scrive' anche sui tovaglioli delle persone che stanno ai tavoli vicini. Lo fa solo quando è sollecitato dagli amici, che vogliono divertirsi. Mi hanno riferito che uno di questi è Federico Fellini. Quando si trova a Torino, il riferito regista va sempre a salutare Rol. Poi lo invita a pranzo e infallibilmente gli chiede di 'scrivere' a distanza, sui tovaglioli di certi commensali. Rol si rifiuta, dice che non riesce a fare qualcosa che altri vorrebbero, ma poi finisce per cedere. Fellini sceglie certi signori corpulenti, che pranzano con il tovagliolo puntato sul petto sporgente. "Scrivigli qualche epiteto spiritoso", suggerisce a Rol. Il sensitivo traccia dei segni per aria e sul tovagliolo bianco del tranquillo commensale appaiono le frasi più strane, spesso pungenti.
Quando il 'bersagliato' se ne accorge protesta con i proprietari del ristorante. Qualcuno si arrabbia, minaccia e Fellini si diverte un mondo. Un medico mi mostrò una tovaglia con una rosa disegnata sopra, una rosa in un vasetto di vetro. "Rol disegnò la rosa", mi disse il medico "che era sul nostro tavolo, e mi donò la tovaglia' aggiunse. Gli feci osservare che mancava il vasetto. "Sei proprio incontentabile", disse Rol "Tieni bene sollevata la tovaglia" aggiunse. Così a un metro di distanza, sotto gli occhi delle persone che erano al tavolo con noi, il vasetto venne tracciato per aria e apparve immediatamente sulla tovaglia, completando il disegno».

Casa Rol
(© Arc. F. Rol)

«Un tale mi mostrò un quadro e mi disse: "Me lo regalò Rol. Qui, nell'angolo, c'era una dedica, che io mostravo con orgoglio a tutti i miei amici. Un giorno io e Rol ci bisticciammo per telefono. Lui si arrabbiò parecchio e dopo avermi aspramente rimproverato mi disse: "Mi sono sbagliato su di te. Quello che ho scritto nella dedica sul quadro non è più vero, perciò lo ritiro". Pensavo che con quelle parole intendesse semplicemente ripudiare il contenuto della dedica; invece come al solito parlava in senso realistico. Terminata la turbolenta conversazione telefonica, passai davanti al quadro e con enorme meraviglia constatai che la dedica di Rol era sparita. Non era rimasta neppure la traccia di quella scritta"».

In casa della signora V., amica di Rol: «Rol era particolarmente euforico. Passando vicino a un tavolo, vide che c'erano le cartelle della tombola. Prese il sacchettino di stoffa contenente le pedine numerate, ci mise dentro la mano e, rivolto a me, disse: "Mi dica un numero". "Venticinque", risposi. Estrasse un numero, ed era il venticinque. "Un altro numero", disse ancora Rol. "Sette", risposi. E Rol estrasse il sette. Si continuò così per sette, otto numeri, senza che ne sbagliasse uno. Poi rivolto al fotografo, disse: "Proviamo con lei". E ripeté anche con il fotografo lo stesso gioco cinque sei volte senza sbagliare. "Oggi sono in forma", disse e ripose il sacchetto dei numeri della tombola».

Allegri racconta la dinamica di uno degli esperimenti più tipici di Gustavo Rol: «Distribuì dei fogli di carta perfettamente bianchi. Li osservai attentamente: erano comuni fogli di carta, tolti da una risma intonsa. Ci invitò a piegarli alcune volte e a riporli al centro del tavolo. Uno di quei fogli isolato, contrassegnato e consegnato a me con l'invito di mettermelo in tasca. Lo controllai ed eseguii. A questo punto Rol chiese ai presenti di indicare un argomento. Ci consultammo e decidemmo di parlare di arte. "Sta bene" aggiunse Rol. "Parliamo pure di arte". Si cominciò col dire che l'arte proviene dal pensiero, che è possibile dividerla in arte antica e arte moderna, arte classica e arte astratta. Rol chiese che gli dessimo una definizione di arte classica e arte astratta. Una signora disse: "L'arte classica proviene dall'espressione del pensiero". "È una definizione non proprio ortodossa" disse Rol, "comunque va bene. Ora chiediamo all'Enciclopedia Treccani una definizione dell'arte astratta. Attraverso le carte, in modo che sia il caso a decidere, sceglieremo due numeri di due cifre ciascuno: il primo indicherà il volume dell'enciclopedia, e il secondo la pagina di quel volume. Ebbene, la prima riga della pagina che indicheranno i numeri scelti a caso, dovrà iniziare con una frase che sia una risposta logica alla domanda: 'Da dove proviene l'arte astratta?'". La prima carta estratta era un 2 e la seconda un 3: il primo numero quindi era il 23; il secondo risultò essere il 22. "Allora", disse Rol "dobbiamo controllare il volume ventitreesimo a pagina 22". Fu portato il ventitreesimo volume della Treccani: alla prima riga della pagina 22 leggemmo: 'dalla metafisica del pensiero'. "È una buona definizione", disse Rol. "L'arte astratta proviene dalla metafisica del pensiero. È un concetto che non mi dispiace. Mi faccia vedere il foglio che ha in tasca", disse rivolto a me. Me ne ero dimenticato. Lo presi, e al centro a matita c'era scritto: 'dalla metafisica del pensiero': la stessa frase indicata nell'enciclopedia dai numeri scelti a caso. Rol sorrise guardando il mio stupore. Poi volle firmarmi il foglio a ricordo di quell'esperimento».

In un'altra occasione, Allegri è accompagnato da un suo collega giornalista, molto scettico, che riceverà una bella lezione: «Con il solito procedimento, Rol fece scegliere uno dei fogli bianchi che avevamo piegato e posto sul tavolo, ne prese uno e lo diede al mio collega dicendogli di metterselo nel portafogli. Il mio amico lo prese, lo osservò bene e poi disse: "Al posto di questo foglio, potrei mettere quest'altro?", e mostrò un foglio di carta intestata del nostro giornale Gente. Rol sorrise. "Lei non si fida di me" disse. "La risma di carta da cui abbiamo tolto i fogli è stata comperata oggi in un supermercato di Torino. Non c'è nessun trucco. Comunque metta pure in tasca il foglio che lei ha portato dal giornale". L'esperimento continuò più o meno con lo schema di quelli che ho già riferito. Giunti al momento in cui Rol alza la matita di bambù e traccia dei segni nell'aria, ci fu un attimo di pausa. Rol ebbe come un ripensamento.
"Venga qui da me" disse al mio collega. Gli mise la penna in mano e fece il gesto di tracciare dei segni nell'aria guidando la mano del mio collega. Poi lo rimandò al suo posto. "Prenda il foglio che ha in tasca e lo esamini", disse Rol. Quel mio amico aveva sul volto un sorriso pieno di soddisfazione. Era certissimo che su "quel" foglio, quella sera, non sarebbe apparsa nessuna scritta. Tolse il portafogli dalla tasca. Estrasse il foglio piegato. Lo esaminò per rendersi conto che fosse ancora piegato come quando lo aveva riposto. Lo aprì, lo osservò e impallidì tremendamente. "Cosa c'è?", chiesi preoccupato. Quasi balbettando, il mio collega disse: "Ma questa è la mia scrittura". Al centro del foglio, che era quello autentico, di carta intestata del giornale, appariva la frase pronunciata dallo 'spirito intelligente' che, poco prima durante la seduta, si era manifestato a Rol. La frase era scritta con la grafia inconfondibile del mio collega».

Rol a casa di amici, poco prima dell'inizio degli esperimenti
(© Arc. F. Rol)
Dino Buzzati ha scritto in diverse occasioni di Rol sul Corriere della Sera. Il 2 agosto 1964, in un articolo intitolato L'albergo salvato dal mago, ci racconta una storia legata all'Hotel du Cap, ad Antibes in Costa Azzurra, dove Rol era ospite: «Monsieur André mi fece entrare nel suo studio degno di un vecchio ammiraglio. Ecco gli album coi ricordi dell'Hotel du Cap. Le facce e i nomi più famosi d'Europa. Sfogliando, a un certo punto André Sella fermò il dito sul volto di un bellissimo uomo nel fiore della vita. "Giorgio Cini - disse -. Si ricorda? Settembre 1949... E questo qui è il dottor Rol, il mago di Torino, lei ne avrà sentito parlare". "Infatti". "A lui devo la vita. Giorgio Cini era qui all'albergo con Merle Oberon, sua fidanzata, doveva partire il giorno dopo per Venezia. Ma la sera, a pranzo, Rol mi toccò un braccio e mi disse: 'Quel Cini ha la morte molto vicina'. Niente di più; ma io sapevo chi fosse il dottor Rol. Ho avuto paura. Ho trovato un pretesto per non partire... La mattina dopo ho accompagnato Cini all'aeroporto di Nizza. Lo aspettava il pilota personale. Decollaggio perfetto. Mentre mi avviavo all'uscita seguivo l'aereo con gli occhi, così, per istinto. E pochi istanti dopo non vedo staccarsi netta un'ala e l'apparecchio venire giù a piombo? Quando sono arrivato sul posto, era un orrore, nessuno lo avrebbe potuto riconoscere. Poi le scene, lei può immaginare, Merle Oberon come pazza. E io salvo"».

Il 6 agosto 1965, in un altro articolo sul Corriere della Sera, porta alcune testimonianze di Federico Fellini. Quella che segue ricorda quella già sperimentata da Gec: «Per aver disobbedito, Fellini stette male, per due giorni non riuscì né a mangiare né a dormire. "Mi fa scegliere una carta da un mazzo. Era, mi ricordo, il 6 di fiori. 'Prendila in mano', mi dice, 'tienila stretta sul tuo petto e non guardarla: ora in che carta vuoi che la trasformi?'. Io scelgo a caso. Nel 10 di cuori gli dico. 'Mi raccomando', ripete lui 'tienila bene stretta e non guardarla'. Lo vedo concentrarsi, fissare con intensità spasmodica la mia mano che tiene la carta. Intanto io penso: perché mai non devo guardare? Sì, me lo ha proibito, ma il tono non era tanto severo. Che me lo abbia detto apposta per indurmi a trasgredire? Insomma, non resisto alla tentazione. Stacco un po' la carta dal petto e guardo. E allora ho visto... ho visto una cosa orrenda che le parole non possono dire... la materia che si disgregava, una poltiglia giallastra e acquosa che si decomponeva palpitando, un amalgama ributtante in cui i segni neri dei fiori si disfacevano e venivano su delle venature rosse... A questo punto ho sentito una mano che mi prendeva lo stomaco e me lo rovesciava come un guanto. Una inesprimibile nausea... E poi mi sono trovato nella mano il 10 di cuori"».

E poi: «Ed eccoli al parco del Valentino, Rol e Fellini, in un pomeriggio sonnolento. Contrariamente al solito, Rol è malinconico, parla poco, insegue certi suoi sconosciuti pensieri. Si siedono in silenzio su una panchina. Più in là, seduta a un'altra panchina, una "nurse" dormicchia con dinanzi la carrozzella del bambino. Sopra la carrozzella si mette a girare un grosso calabrone. "Guarda là" dice Fellini "bisogna andare a cacciare via quella bestiaccia". "No, non occorre" risponde Rol, e tende la mano destra in direzione dell'insetto. Uno schiocco di dita, e il calabrone cade a piombo, fulminato secco. "Ah, mi dispiace", deplora l'uomo misterioso e affascinante. "Mi dispiace. Questo non dovevo fartelo vedere!».

Il prof. Diego de Castro, ex-direttore dell'Istituto di Statistica dell'Università di Torino in un articolo su La Stampa del 20.08.1978: «Rol, in piena luce, verso le 13, fece questo esperimento in casa di mio suocero dove era stato invitato a colazione. Non a casa sua. Preso da me, a caso, un libro tra una trentina di volumi ugualmente rilegati: scelte da me tre carte da un mazzo ch'era in casa, per determinare il numero della pagina, mi fece mettere il libro sul petto e intonare una specie di nenia (oh, oh, oh) per alcuni secondi. Non toccò mai il libro che risultò poi essere di Victor Hugo. Disse in francese (traduco): "I valentinesi dormivano con i loro orsi". Il primo verso della pagina scelta con le carte diceva: "I valentinesi dormenti con i loro orsi". Il libro non era mai uscito dalle mie mani, la sua scelta e la scelta della pagina erano casuali: ignoravo che libro fosse. Trucco? Chiedo la spiegazione, anche perché ripetemmo l'esperimento con un libro tedesco e uno italiano con gli stessi risultati».

Jader Jacobelli, giornalista, su La Stampa del 19 ottobre 1994, (La magia e la forza di Dio): «Frequento da trent'anni la Valle d'Aosta e Saint Vincent in particolare. Il dottor Gustavo Rol (...) trascorreva le sue vacanze d'agosto al Grand Hotel Billia con la sorella. Si era quindi stabilita una certa amicizia pluriennale, ma sempre un po distaccata perché non amava i giornalisti. Ho assistito, quindi, a tutta la straordinaria serie di esperimenti con mazzi di carte intonsi che si faceva dare dal barman. "Preferisco le carte - diceva - perché non pongono problemi, dato che voi credete che ci sia il trucco, anche se non si vede". Uno di questi esperimenti, a cui ho assistito più di una volta, era piuttosto inquietante. Senza aprire il mazzo di carte si faceva dire un numero da 1 a 40. Poi poneva la sua mano sul mazzo che sembrava avere un fremito. Consegnava poi il mazzo ad uno dei pochi presenti perché l'aprisse e mostrasse la carta corrispondente al numero indicato. La carta appariva bucata di fresco da un punteruolo».

Il noto scrittore cattolico Vittorio Messori sullo speciale Sette del Corriere della Sera, ottobre 1994, racconta: «Si conversava, un giorno (era con me Giuditta Dembech) nel grande salone stile Impero, in attesa di trasferirci nell'ambiente attiguo per gli "esperimenti". Si venne a parlare di quel Cottolengo dove Rol (mi dicono) era una presenza abituale e benefica e che, come si sa, non vive che di ciò che, giorno per giorno offre la Provvidenza. Sapevo bene che non aveva mai voluto approfittare per sé delle sue capacità inspiegabili. Ma per qual motivo non per gli altri? "Dottor Rol", gli chiesi dunque, "perché, con questa sua possibilità, mille volte provata, di 'prevedere' ciò che uscirà da un mazzo di carte o da una roulette, non sbanca un casinò? Perché non sottrarre qualche miliardo a quegli speculatori per dirottarli verso chi ne ha bisogno?". Sorrise e lasciò cadere la domanda.
Poco dopo, ci sedemmo attorno al gran tavolo antico. Lui era a un capo, io a un altro, a notevole distanza uno dall'altro. La luce nell'ambiente era piena: non era ancora del tutto buio e i lampadari di cristallo erano accesi. Dopo qualche incredibile quanto consueto - per lui - "esperimento" con le carte, mi si rivolse all'improvviso: "Caro amico, voglio rispondere alla sua domanda. Si alzi, nel cassetto di quel tavolino troverà una risma di fogli bianchi. Ne prenda alcuni, li esamini uno ad uno, ne controlli la filigrana in controluce. Poi li ripieghi in quattro e li infili nella tasca interna della sua giacca. E chiuda bene il bottone!". Eseguii, ritornai al mio posto. Rol non si era mosso dal suo, non ci si era sfiorati. Per un attimo piegò la testa all'indietro, "scrisse" nell'aria con una sua matita - famosa tra i suoi frequentatori - rivestita di bambù. Subito dopo mi disse di estrarre dalla giacca i fogli bianchi che avevo controllato a uno a uno e che io solo avevo toccato. Sul foglio più interno stava scritta, a matita, la risposta alla mia domanda: "
Sarebbe una beneficienza fatta senza sacrificio, quindi non avrebbe valore alcuno (qui, una parola indecifrabile, n.d.r.) dello spirito di Rol". Volle che gli consegnassi il foglio: con la stessa matita (anche se in carattere più marcato) e con la stessa calligrafia - era inconfondibilmente sua quella "apparsa" di colpo nella mia tasca, quasi che la grafite si fosse depositata venendo dall'aria - scrisse: "Proprietà del dottor Vittorio Messori, 11 aprile 1989. R". Lo arrotolò e me lo consegnò "per ricordo"».

Casa Rol
(© Arc. F. Rol)
Nel 1993 Giuditta Dembech pubblica il secondo volume di Torino Città Magica, edizioni l'Ariete. Un ampio capitolo è dedicato a Gustavo Rol. Eccone un estratto:

Sta parlando Rol: «È venuto da me Tullio Regge, era accompagnato dalla moglie, da un professore di medicina, molto famoso e da un'altra persona. Hanno portato loro delle carte, non si è mai utilizzato nulla di mio. Durante lo svolgersi dell'esperimento mi hanno fatto stare con le mani dietro allo schienale della mia sedia. Non ho mai toccato nulla. Regge mescolava le carte tenendole nascoste sotto al tavolo. Io gli ho detto: "Pensi ad una carta. La pensi soltanto, non la cerchi".
"L'ho pensata"
"Allora metta il suo mazzo sul tavolo"
"Posso cambiare la carta che ho già pensato? sceglierne un'altra?"
"Certamente, la cambi pure..."
"Allora va bene, ne ho scelta un'altra"
"Mescoli ancora le sue carte". Io avevo sempre le mani dietro allo schienale della sedia.
"Ora posi le carte sul tavolo e tagli pure nel punto che preferisce..." Salta fuori l'asso di fiori."È quella che ho pensato in un secondo momento... Lo rifaccia!"
"
Non posso rifarlo, io non sono Dio che può ripetere all'infinito. L'esperimento è venuto ma io non posso rifarlo..."
"Ma io non posso ammetterlo. Bisognerebbe che si facesse esaminare da un prestigiatore, essere certi che noi non siamo tutti stati suggestionati, o che lei abbia fatto qualcosa di cui non ci siamo accorti... Scientificamente io non posso ammettere una cosa simile...».

Commenta la Dembech: «Se c'è qualcosa che irrita profondamente Rol, è proprio chiedergli di essere affiancato da un prestigiatore, è un argomento che lo manda fuori dai gangheri. Qualunque esperimento esca dalle sue mani, è ottenuto attraverso l'intervento dello Spirito, di una forza superiore extra umana; perché trovarsi di fronte dei professionisti del trucco e dell'illusione? Cosa potrebbero conoscere se non trucchi ed inganni? Diversi anni fa, Silvan lanciò attraverso un popolare programma televisivo una sfida a Rol: "venga pure qui, siamo in grado di rifare col trucco ciascuno dei suoi esperimenti...". Qualche tempo prima invece, in privato, lo stesso Silvan aveva telefonato a Rol pregandolo di rivelargli il segreto per produrre i suoi fenomeni con i soli poteri dello spirito. Forse si è sentito piccato dalla risposta?»

Nel 1995, l'anno successivo alla morte di Rol, esce il già citato libro del giornalista Remo Lugli, il più completo ed esauriente per ricchezza di dati e aneddoti, e per la fedeltà con cui sono riprodotti un gran numero di esperimenti. Eccone alcuni:

[A.P.] (Al casinò di Mentone) «... attraversando le sale sostavamo qualche momento ai vari tavoli per assistere almeno a una giocata e mentre il croupier stava facendo girare la ruota, Gustavo scriveva un numero su un foglietto che mi metteva in mano: "Aspetta un momento" diceva. E quando la pallina era entrata nella sua casella, io guardavo il foglietto: invariabilmente la previsione coincideva. "Non sbaglio perché non gioco" commentava».

[prof. Ferruccio Fin] «Eravamo in sei, nel mio appartamento di C.so Matteotti. Abbiamo messo nelle mani di Rol un rametto preso da un vaso e lui lo ha gettato contro la parete: il ramo non è caduto, è scomparso. Siamo andati nella stanza accanto, al di là del muro: il ramo era finito su un armadio che era contro la parete».

[prof. Guasta] «Una sera negli anni Ottanta, Rol venne a casa mia, in collina a Torino. Eravamo lui, io e Marisa. Prese un mazzo di carte e disse:" Guardate: adesso lo vedrete gonfiarsi perché voglio che una carta sì e una no, si giri". Controllammo il mazzo: erano tutte girate nello stesso senso. Lo mescolammo, lo posammo sul tavolo e Rol ci passò sopra una mano, senza toccarlo. Il mazzo si gonfiò, alzandosi più di un centimetro e poi a poco a poco si riabbassò. Lo ricontrollammo e una carta sì e una no era girata. Rifece l'esperimento diverse volte, infine disse: "Facciamo questa prova: ci mettiamo sopra una bottiglia in modo che non si possa gonfiare". Così fece: il mazzo rimase compresso, ma alla fine al controllo constatammo che le carte che si dovevano girare si erano ugualmente girate"».

Dice Lugli: «Negli anni Ottanta, quando Guasta aveva lo studio dentistico a Torino, in corso Fiume, (distante meno di un kilometro in linea d'aria dall'abitazione di Rol), a volte Gustavo di pomeriggio gli telefonava per chiacchierare. Lui, magari, aveva in sala d'aspetto parecchi clienti, ma il piacere di parlare con l'amico era tale da non fargli rifiutare il colloquio. "E dalle chiacchiere" dice Guasta, "era facile che Rol proponesse di passare agli esperimenti. Mi diceva di prendere un mazzo di carte e di provare a lanciarlo come era solito fare lui, in maniera che tutte le carte si distribuissero su un'unica linea. "Vuoi che una carta sia girata? Dimmi quale". Io dicevo, per esempio, il cinque di quadri che appariva in vista. Era un'emozione stupenda. Ma non potevo illudermi: io facevo solo il gesto, quello che comandava era lui, attraverso il nostro collegamento telefonico e non sbagliava un colpo"».

«[Un giorno] Gustavo mi ha detto: "Tu adesso ti tieni pronto per lanciare il mazzo di carte e pensi una carta, ma non mi dici che carta é. Quando hai scelto, fai il lancio". Ho pensato all'asso di cuori e poi ho lanciato e l'asso di cuori è venuto girato. Rol dall'altro capo del filo era contento, rideva. Poi, dopo che abbiamo finito la telefonata, naturalmente mi sono a lungo accanito a provare altri lanci pensando che una carta si girasse, ma invano».

Sempre nel 1995 esce Rol oltre il prodigio, Gribaudo editore, di Maria Luisa Giordano, sua amica per diversi anni. Così racconta di quando, il giorno di Natale 1978 andò a trovarlo, in compagnia di sua mamma e della sorella di Rol, Maria:

«Dopo aver conversato un po' mi chiese se volevo un cioccolatino, risposi di no, allora mi disse "Gradiresti due ciliege?". Mi misi a ridere, non era la stagione. Rimasi però senza parole: dopo che Rol si era concentrato per un attimo solo, sul tavolino erano apparse due ciliege freschissime, anche buone. Nello stesso momento davanti a sua sorella Maria erano comparse noci e nocciole. Fu poi chiamato al telefono da amici che erano in Costarica e che volevano fargli gli auguri, quando lo sentii dire "Mandatemi delle banane". All'improvviso sul tavolino davanti a mia madre comparvero due banane. Quando Rol terminò la telefonata e ritornò in salotto rimase stupito quanto noi, aveva un'espressione divertita».

«Era luglio, faceva molto caldo. Ci trovavamo all'ospedalino Koelliker da un paziente: i medici curanti diedero a Rol una ricetta da leggere. Purtroppo Gustavo aveva dimenticato a casa gli occhiali: "Li vedo - disse - li vedo, sono sul mio comò 'retour d'Egypte', nel mio studio". La finestra della camera era aperta e all'improvviso non solo io ma tutti gli altri medici vedemmo arrivare i suoi occhiali che, vibrandosi nell'aria, si deposero sulle sua ginocchia. Senza dar peso alla cosa, con molta disinvoltura li prese e si mise a leggere la ricetta e noi stavamo tutti a guardarlo attoniti».

«Un'altra volta ci recammo con Gustavo in una trattoria in cui non eravamo mai andati. Appena varcata la soglia chiese alla padrona del locale che era affaccendata a servire i clienti: "Dove ha trascorso le ferie l'estate scorsa?". La signora non gli rispose perché aveva troppo da fare, anzi ebbe un gesto d'impazienza. "Glielo dirò io, allora - disse Rol - apra il tovagliolo che ha sul braccio". Essa prese il tovagliolo, lo aprì: all'interno c'era scritto il luogo e la data delle vacanze della signora. "Ma lei chi è, mi fa paura" esclamò spaventata».

Nel 1996 esce il libro del prof. Giorgio di Simone, Oltre l'umano. Gustavo Adolfo Rol, Reverdito edizioni.

Ecco qualche esperimento: «Come sempre Gustavo non toccava le carte. Ad un certo momento ognuno di noi - (ed eravamo in undici!) mescolò accuratamente un proprio mazzo di carte dopo che il sensitivo ci ebbe fatto scegliere di comune accordo la carta bersaglio: quella volta concordammo per il 9 di quadri. Tagliati gli undici mazzi, essi furono posti sul tappeto verde, davanti a Rol che non fece altro che coprirli col bordo del tappeto stesso, in modo che verso di lui il tappeto fosse chiuso mentre rimaneva ovviamente aperto e ripiegato sulle carte, verso di noi. E qui avvenne uno dei fenomeni più stupefacenti della serie, un fenomeno che, a quanto pare, pochi hanno visto, almeno in maniera così chiara ed evidente, sotto la piena luce di un grande lampadario: Gustavo passò le sue mani sugli undici mazzi coperti dal tappeto verde, ma senza che venisse minimamente toccato. Le sue mani si muovevano a 3/4 centimetri al disopra del tappeto e dopo alcuni secondi ci accorgemmo tutti che sotto il tappeto anche i mazzi di carte si animavano. I passi (magnetici?) di Rol durarono pochissimo e la linea formata dagli undici mazzi coperti sembrava viva, si muoveva come se fosse percorsa da un'onda invisibile. Cessato il dinamismo delle carte e rialzato il lembo di tappeto che lo ricopriva, noi stessi constatammo che il 9 di quadri si era effettivamente e «obbedientemente» trasferito in cima ad ogni mazzo, come prima carta (...). Non sono stato invece testimone di un fenomeno simile avvenuto, pare, nell'ambito della Curia arcivescovile napoletana, quando furono addirittura 111 (centoundici!) i mazzi di carte che si ritrovarono alla fine con la stessa prima carta».

Così racconta uno dei presenti ad una serata di esperimenti: «Poiché dovevo tirar fuori da ogni mazzo una carta di un certo valore e seme (non ricordo più quale), fra il mio stupore e smarrimento vidi che le carte saltellavano da sole fuori dal mazzo, così (fa il gesto) una dietro l'altra, e naturalmente si muovevano solo quelle ricercate e richieste, e si disponevano come desiderato da Rol!!...»

Racconta Di Simone: «Mi disse di tenere, dopo averli mescolati io, due mazzi di carte col dorso in su, uno per mano. Mi fece scegliere mentalmente una carta e io scelsi l'asso di cuori (scelta piuttosto banale, ma esteticamente piacevole). Mi disse quindi di lanciare a fascio le carte dei due mazzi, in modo tale da formare una X. Eseguii: ne venne fuori l'ennesima meraviglia: all'incrocio di quella X, mentre tutte le altre carte erano rimaste coperte, i due assi di cuori apparivano bene in vista!»


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