Mona Lisa Smile
La sfida post mortem di Gustavo Adolfo Rol

di Franco Rol

- 09.02.2007 -

La trasmissione televisiva Le Iene (Italia1) di lunedì 5 febbraio 2007 ha mandato in onda un servizio critico su un prodigio accaduto alla presenza del conduttore della trasmissione Voyager (RAI2) Roberto Giacobbo mentre si trovava a casa dell’imprenditore di Torino Aldo Provera, amico ed esecutore testamentario di Gustavo A. Rol.

Tale prodigio, di cui sono state testimoni anche altre due persone, un cameraman della RAI e una signora amica di Rol, risale al 2002 e Roberto Giacobbo ne aveva parlato alla fine della trasmissione Voyager del 19 luglio 2005, a notte inoltrata.

Le Iene sono arrivate un po’ tardi… Comunque finalmente qualcuno si è accorto che quanto aveva raccontato Giacobbo in quell’occasione era veramente sensazionale.

Di che si tratta? Il modo migliore per saperlo è sentire quello che Giacobbo aveva detto, e a questo proposito abbiamo provveduto a trascrivere fedelmente le sue parole. Ecco il suo racconto:

«Vogliamo raccontarvi, prima di chiudere questo programma, un fatto che è capitato proprio a noi. Vi prego di prenderlo come una favola, un racconto che può rimanere nelle vostre memorie, come proprio una favola, perché non abbiamo nessun tipo di appiglio scientifico per confermare quello che vi diciamo, ma i nostri occhi hanno visto qualcosa e le nostre emozioni sono state assolutamente vere. Crederci o non crederci dipende solo dal fatto che crediate o meno a chi vi parla. Allora, ci trovavamo qui a Torino, e siamo andati a fare tempo fa un servizio in casa dei signori Provera, per parlare di un torinese, di un uomo che si chiamava Gustavo Rol. Abbiamo ripercorso la sua storia, e il dottor Provera era il suo esecutore testamentario, volevamo da lui una testimonianza, volevamo ripercorrere la vita di quest’uomo. Bene, in casa Provera esiste una stanza dove Rol si riuniva con le persone che incontrava - era ospitato dalla famiglia Provera - e talvolta faceva quegli esperimenti che tante volte sono stati evidenziati in molti libri, e molte volte sono stati criticati, ma comunque incontrava queste persone. Io non ho mai avuto occasione di incontrare Gustavo Rol. Ho cercato di conoscerlo e di farlo conoscere attraverso le testimonianze di chi invece ha vissuto con lui buona parte della sua esistenza. Bene, stavamo raccontando un episodio successo in una stanza, dove c’era un tavolo lungo e stretto e ai lati due quadri. I quadri di una donna, e quello di suo figlio. Il quadro della donna è esattamente quello che vedete qui adesso: una donna giovane che ha avuto un lutto in famiglia: ha perso il figlio a cui naturalmente era molto affezionata. Durante uno di questi incontri era stato detto che questo figlio era stato avvelenato. Bene, secondo i testimoni in quel momento questo quadro si è allontanato con un grande lampo dalla parete, e all’interno della tasca di uno dei presenti – naturalmente riferisco quello che ci hanno detto i testimoni presenti in quel luogo, perché Gustavo Rol faceva mettere dei biglietti nelle tasche di chi assisteva a questi esperimenti – è comparsa una scritta in francese – perché questa donna parlava in francese – e diceva: “Mio figlio non è morto per un avvelenamento, ma è morto per una grave infezione intestinale”. Insomma, voleva sottolineare che suo figlio non era stato – e al tempo era molto importante – vittima di una congiura, vittima di un’opera cattiva da parte di chi gli era vicino. Questa donna si chiamava Teresa Rovere. Bene, abbiamo raccontato questa storia, e prima di andare via ho chiesto ad un nostro collaboratore, un operatore della Rai – Luigi Toninelli – di fare delle riprese. Qui questa sera abbiamo Gilda Provera – una dei padroni di casa -, abbiamo la signora Domenica Piazza Fenoglio, e abbiamo Luigi Toninelli. Bene, sono tre persone che erano presenti in quel momento, e che hanno visto quello che ha visto il sottoscritto.*
Allora, Luigi, parla tu, perché le altre due signore sono emozionate, e raccontaci cosa è successo, perché tutto è nato da una tua frase.

[Toninelli:]
“Sì, mentre eravamo in quella stanza a riprendere guardavo dentro la loop della telecamera e a un certo punto ho attirato la vostra attenzione, perché si stava verificando una cosa perlomeno inconsueta: la signora del ritratto, all’interno del mio finder, cambiava completamente espressione”.

[Giacobbo]
“Quindi l’immagine era cambiata. Allora cosa abbiamo fatto?”

[Toninelli]
“Siccome la casa è un po’ particolare pensavo fosse una cosa di autosuggestione, ho chiamato anche voi per verificare. O era una cosa di suggestione collettiva, o se no era una cosa comunque inspiegabile”.

[Giacobbo]
“Allora, a questo punto noi abbiamo messo l’occhio dentro la telecamera, e abbiamo visto quello che ci aveva raccontato Luigi. Abbiamo visto Teresa Rovere che aveva un volto diverso. Noi avevamo raccontato una cosa che probabilmente a questa signora fosse stata viva avrebbe fatto molto piacere, avevamo chiarito la morte di suo figlio. Bene, abbiamo preso la macchina fotografica che avevamo lì, l’abbiamo inserita dentro il mirino di Luigi, abbiamo scattato una fotografia sperando che quello che vedeva la telecamera potesse in qualche maniera rimanere anche all’interno della macchina fotografica, e vi facciamo vedere adesso la fotografia che abbiamo fatto. Vi possiamo garantire che non c’è stata nessuna manipolazione. Vedete i numeri del mirino della telecamera – il mirino è in bianco e nero, quindi c’è questo effetto azzurrino – e
vedete il volto di Teresa Rovere. È diverso: sta sorridendo. È incredibile. Un quadro serio, malinconico. Una fotografia con un volto sorridente. Immagini realizzate nello stesso momento. Abbiamo parlato di luce, abbiamo parlato di qualcosa che l’occhio potrebbe non vedere, abbiamo parlato di qualcosa che potrebbe esistere oltre la vita, abbiamo parlato di messaggi che forse arriverebbero dall’altra parte. Vi vogliamo salutare con una domanda: quale luce ha visto la nostra telecamera che i nostri occhi non hanno potuto vedere?»

* Precisazione: Gilda Provera non ha visto il fenomeno, come dice Giacobbo, perchè in quel momento si trovava in un altro ambiente della casa. È sopraggiunta soltanto a fatti avvenuti. I testimoni sono quindi tre e non quattro.

* * *

[p.s. 2014: il video può essere visualizzato su YouTube, qui]

* * *

L’episodio come si vede è di grande interesse (potete ascoltarne un estratto in versione audio). Ed è difficile poter rispondere con sicurezza alla domanda finale di Giacobbo. Probabilmente vi saranno alcuni che faranno spallucce e preferiranno non occuparsi della questione. Altri crederanno si tratti di una trovata pubblicitaria per far più audience. Vi sarà poi chi attribuirà il tutto alla suggestione collettiva. Altri ancora crederanno si tratti di un fenomeno autentico. Come facciamo a sapere se quanto hanno visto Giacobbo e le altre persone è accaduto veramente, ovvero se la dama dipinta nel quadro si è messa per davvero a sorridere?

Prima di tentare una soluzione, vogliamo sottoporre alla vostra attenzione il servizio che le Iene hanno mandato in onda. Diciamo subito che l’approccio da loro usato per affrontare la questione è un tipico esempio di scetticismo gratuito, del tutto irrazionale, ben lontano da un distaccato e serio approccio scientifico (se il termine può suonare eccessivo per lo standard giornalistico-sensazionalistico, lo si sostituisca pure con investigativo). Ecco dunque la trascrizione del servizio (che potete anche vedere direttamente sul sito delle Iene all’indirizzo http://www.iene.mediaset.it/video/video_1927.shtml [p.s. 2014: questo video non è purtroppo piú accessibile]):

[Iena (Filippo Roma)]
«…qualche settimana fa lo stesso Giacobbo è stato il protagonista di un inspiegabile fenomeno paranormale». [si tratta in realtà di ben 5 anni fa, n.d.r.]

[Parte il clip di sintesi dell’aneddoto raccontato a Voyager. Non viene però riferito che si tratta di un fenomeno che ha a che vedere con Gustavo Rol. Quindi la Iena commenta:]
«Dunque, Roberto Giacobbo aveva la telecamera puntata sul quadro di una donna con l’espressione malinconica. Facendo una fotografia nel mirino della telecamera, si accorge che la donna sorride. Non si capisce perché anziché fotografare nel mirino, non abbia filmato con la telecamera visto che non era puntata sul quadro. Però questo non toglie alcun valore alla straordinarietà dell’evento a cui ha assistito Giacobbo».
[La Iena continua con il classico tono dissacratore della trasmissione:]
«E dopo questo incredibile scoop, anche noi abbiamo cercato di emulare Giacobbo, e ci siamo riusciti. Abbiamo trovato due immagini: una è la maschera d’oro del faraone Tutankamen, l’altro è un ritratto di Napoleone Bonaparte.»

[Segue un giochino grafico che fa muovere gli occhi di Tutankamon e la mano di Napoleone. Quindi la Iena prosegue:]
«Vediamo se Giacobbo riesce a spiegarci i nostri fenomeni paranormali»

[Inizia servizio esterno, la Iena incontra Giacobbo in strada, all’uscita dalla RAI:]
«Roberto Giacobbo complimenti! La storia del quadro e della morta che sorride? Ma come avete fatto?»

[Giacobbo]
«È successo che stavamo facendo le riprese, e uno degli operatori ha guardato nel mirino della telecamera e ha detto: “Guarda Roberto c’è qualcosa che non torna, perché quello che io vedo è diverso da quello che sta…”»

[Iena]
«E c’era il sorriso…» «Siamo in continua ricerca di scoop, notizie di questo livello…»

[Giacobbo]
«Non è uno scoop…»

[Iena]
«Beh, porca miseria, il quadro di una morta che da serio diventa sorridente, è uno scoop incredibile»

[A questo punto la Iena mostra il loro scoop goliardico di Tutankamen/Napoleone, compresa una foto alterata del viso di Giacobbo. Poi dice:]
«Noi ci siamo chiesti una cosa: c’era sto quadro, perché non l’hai filmato?»

[Giacobbo]
«Stava registrando, però sulla cassetta non c’è la stessa immagine»

[Iena]
«Però questa storia della macchina fotografica, sembrava un po’ una cazzata…»

[Giacobbo]
«Io non mi sarei permesso di dirlo. Trovo più attinente a questo linguaggio quello che mi hai proposto tu. Abbiamo cercato di affrontare il tema con tutta la serietà e la coscienza possibile. Definire tutto questo come tu l’hai definito mi sembra un’offesa…»

[Iena, con tono tra il perplesso e il sarcastico:]
«Vi vedo lì nello studio, avete preso l’immagine, l’avete stampata…»

[Giacobbo]
«Ma stai scherzando? Ma stai scherzando?»

[Iena, perseverante]
«…con Photoshop…Dai, si sanno come fanno ste cose!»

[Giacobbo]
«Ma tu fai così? Tu lavori così?»

[Iena]
«Ma si sa… uno la sfoca un po’ per buttarla in caciara e via…»

[Giacobbo]
«Ma stai scherzando? Ma stai scherzando?»

[Iena]
«Ma dai…»

[Giacobbo]
«Guarda: poveri ma onesti» «Ma tu l’hai vista la fotografia?»

[Iena]
«A parte che si vede sfuocato»

[Giacobbo]
«Quello che è venuto dal mirino della macchina fotografica»

[Iena]
«Manipolando le cose…»

[Giacobbo]
«Ma tu perché continui a pensare questo?»

[Iena]
«Allora, diciamo la verità: come l’aveta fatta questa manipolazione della foto?»

[Giacobbo]
«Non c’è stata nessuna manipolazione. Puoi crederci o no, io non ti obbligo a crederci, ma non c’è stata nessuna manipolazione».

[La Iena insiste:]
«Diciamolo: era una cazzata e via, basta».

[Giacobbo]
«No, no»

[Iena]
«Tu vuoi dire che questa cosa era vera!?»

[Giacobbo]
«Questa cosa è accaduta davanti ai nostri occhi»


Roberto Giacobbo ha affrontato l’incalzare dello scettico con assoluta tranquillità, rimanendo sulla sua posizione.

A proposito dello strano sistema di fare la fotografia, anche noi avevamo chiesto a Giacobbo maggiori delucidazioni sul perché non sarebbe stato sufficiente filmare. Alle Iene ne ha spiegato i motivi, e qui aggiungiamo la risposta che aveva dato a noi:

«Il fenomeno lo abbiamo fortunatamente ripreso subito con la macchina fotografica come è apparso nel mirino, senza perdere un attimo per collegare il monitor o per verificare la cassetta, il cui visionamento in una telecamera professionale non è così istantaneo come in quelle amatoriali. Sulla cassetta infatti posteriormente non abbiamo trovato tracce del cambiamento dell'espressione del viso. Il fenomeno è stato repentino e visibile solo nel mirino della diretta

Chiarito questo, vediamo ora di fare alcune riflessioni e di valutare quale sia la risposta più probabile all’enigma. Le possibili soluzioni sono le seguenti:

1) L’immagine è stata manipolata con un programma di computer grafica e Giacobbo, Toninelli e la signora Domenica Fenoglio si sono messi d’accordo per fare lo scoop. --> FRODE

2) Tutti e tre i testimoni sono stati vittime di suggestione collettiva, mentre la fotografia essendo sfuocata, in bianco e nero e presentando un volto distorto non prova che l’immagine fosse davvero cambiata, né si può dire con certezza che la dama stia sorridendo. --> AUTOSUGGESTIONE

3) La dama ha davvero sorriso. --> PRODIGIO


- Punto (1): frode?

Per sapere se si è trattato di frode, occorre valutare l’affidabilità dei testimoni, così come il movente.

Roberto Giacobbo, laureato in Economia e Commercio, è un conduttore televisivo con una lunga carriera alle spalle, persona apprezzata per la sua serietà espositiva e mai incline al sensazionalismo. In anni recenti ha coinvolto nella sua trasmissione Voyager persino gli esponenti del CICAP, dimostrando nei loro confronti un’apertura di credito che attesta la sua ricerca di un approccio il più possibile obiettivo delle questioni “paranormali” (per inciso: noi non cosideriamo il CICAP super partes).

L’operatore Luigi Toninelli, che ha osservato per primo il fenomeno, si trovava a casa Provera solo per lavoro, non sapeva nulla di G.A. Rol ed era quindi estraneo a qualsiasi considerazione “fideistica”, né avrebbe certo accettato di farsi coinvolgere in uno squallido trucco grafico. Anzi, proprio perché dei tre testimoni era quello estraneo a Rol, la sua testimonianza è ancor più degna di fede.

Domenica Fenoglio è una signora torinese che Giacobbo aveva intervistato per Stargate – la trasmissione che conduceva su La7 – in occasione delle due puntate in cui si parlò di G.A. Rol (30/12/2001 e 31/03/2002). Dirige un istituto per disabili vicino a Torino. È persona degna di fede che ha dedicato la sua vita al prossimo, con grande sacrificio. Ha conosciuto bene Rol, e più avanti vedremo un episodio di cui è stata testimone che è imparentato con quello della dama del quadro.

In merito al movente, si dovrebbe sostenere che queste tre persone avessero un qualche interesse a lanciare lo scoop: Giacobbo per far più audience, la signora Fenoglio per accreditare al meglio Gustavo A. Rol, e Toninelli…per fare gioco di squadra, magari incentivato da un particolare sense of humour. Come si vede, se si vuole si è in grado di spiegare sempre tutto razionalmente…I detrattori superficiali (e quindi irrazionali) in genere “ragionano” così, e lì si fermano.

Tuttavia i testimoni sono persone degne di fede, e d’altronde il movente dell’audience è veramente debole, visto che questa vicenda è stata narrata in una puntata estiva, a notte inoltrata e negli ultimi cinque minuti, senza fare annunci preventivi di carattere sensazionalistico. Noi per esempio, che stavamo guardando proprio quella puntata, siamo stati colti di sorpresa, non solo perché non sapevamo che si sarebbe parlato di Gustavo Rol (cosa a cui evidentemente siamo sensibili) ma anche perché non conoscevamo l’episodio capitato a casa Provera, dove anche lo scrivente fu intervistato per Stargate. Giacobbo e la signora Fenoglio avevano tenuta riservata la cosa, loro stessi temendo di non venir creduti (soprattutto Giacobbo, visto che la signora Fenoglio a queste cose si era già abituata). Sono dovuti passare tre anni perché il coduttore di Voyager ne parlasse in tv.

Per quanto ci riguarda, il punto (1) è quindi da escludere senza ombra di dubbio.

 

- Punto (2): autosuggestione?

Che la mente faccia strani scherzi percettivi, è un fatto noto. Ma è possibile che tre persone possano incorrervi contemporaneamente? Qui non si tratta di strane luci nel cielo o di fenomeni dai confini incerti. Qui si tratta di un fatto preciso: una persona che sorride, ovvero di un fatto di percezione comune nella vita quotidiana. Inoltre, per quanto sfuocata, c’è anche la fotografia. Il nostro parere è che effettivamente la dama stia sorridendo. Tuttavia è qui che gli scettici cercheranno di dare battaglia, proprio perché il giudizio su questo sorriso può essere soggetto ad interpretazione (mentre sul punto (1) siamo sicuri che gli scettici dovranno convenire con noi sulla buona fede dei testimoni).

Come possiamo dimostrare che la dama sta effettivamente sorridendo?

Noi crediamo che la risposta sia tutto sommato abbastanza semplice, ed è questa: occorre investigare se nella fenomenologia di Gustavo Rol si trovino episodi analoghi.

A questo punto, lasciamo la parola alle fonti bibliografiche, di cui abbiamo fatto una piccola selezione ad hoc. Buona lettura…


1) «Rol, per esempio, indica a uno dei suoi visitatori un quadro con un guerriero: austero, corrucciato. Lo fissano insieme. Ma a un tratto Rol dice con noncuranza: “Vede come ride?” e il visitatore alzando lo sguardo sul quadro, si persuade che quel guerriero ride davvero, beato, sereno, con tutti i denti.»

Oggi, 01.04.1965


2) «…Rol fece scorrere il nastro che sollevava in verticale la bella tenda drappeggiata, e dietro apparve un ritratto di Napoleone che prima non era visibile. Era una bella stampa ottocentesca che mi sembrava di avere già visto in qualche enciclopedia, o in qualche libro d’arte. Napoleone vi era raffigurato nel suo pieno splendore, giovane e bello.
Rol ci chiese di osservarlo attentamente in silenzio per un paio di minuti. Dopo di che, riabbassò la tendina… e ci chiese: “Come vi è sembrato il ritratto di Napoleone? Che espressione aveva?”
Le nostre risposte furono tutte diverse, ma capii in seguito che per lui erano un test, un segnale importante.
Jacqueline disse che Napoleone gli era apparso sorridente già dall’inizio, dal primo istante in cui ne vide l’immagine.
Per me invece fu una cosa diversa; in un primo momento mi era sembrato che il ritrattto avesse un’aria seria, quasi severa, ma qualche attimo dopo, ben chiaramente lo vidi sorridere… Pensai comunque di essermi sbagliata, era impossibile che un ritratto potesse cambiare espressione, eppure…
Per mio marito fu ancora un’altra cosa, lui non lo vide mai sorridente, ci disse che l’immagine dell’Imperatore era molto bella, il suo aspetto era autoritario e sereno ma serioso.
Forse questo era una sorta di esame da cui Rol traeva qualche informazione particolare, qualche conferma…».

Giuditta Dembech, Gustavo Adolfo Rol. Il grande precursore, Ariete, 2005, p. 60


3) «...il professor Massimo Goitre ha conosciuto Rol sul finire degli anni '80, quando era aiuto di Giovanni Zina, allora primario della clinica universitaria dermatologica dell'ospedale Molinette. Quest'ultimo frequentava il sensitivo non tanto per motivi professionali, quanto in virtù di una consolidata amicizia. Anche se in quel particolare frangente lo stava curando. “Un giorno Zina mi disse: oggi ti farò conoscere una persona particolare. Così fu. Lo accompagnai una prima volta a casa di Rol, costretto a letto da un eczema vascolare che lo aveva colpito alle gambe, poi in altre occasioni ci andai da solo per visitarlo e medicarlo; e ogni volta rimanevo molto affascinato da quell'uomo e dai suoi racconti. Mi riceveva in una camera da letto piuttosto buia dove troneggiava un baldacchino, di fronte al quale una tenda nascondeva un grande quadro in verticale raffigurante Napoleone. Nelle cinque o sei circostanze in cui ho messo piede in via Silvio Pellico, Rol mi sollecitava a posizionarmi lì davanti, ad aprire la tenda e a fissare il dipinto: e ogni volta la bocca dell'imperatore si allargava in un cordiale sorriso. A quel punto distoglievo lo sguardo dalla tela e osservavo la sua faccia divertita che pure mi incuteva molto timore e una certa soggezione».


4) «Un episodio analogo è stato raccontato al restauratore Gianluigi Nicola dalla dottoressa Gabrielli, allora Soprintendente alle gallerie piemontesi. “Un giorno Rol le porta a vedere un ritratto. La reazione della Soprintendente è più o meno di questo tenore: 'Indubbiamente si tratta di un bel quadro, peccato quella faccia arcigna'. E Rol, di rimando: 'Ma cosa dice, dottoressa? Non vede che ride?'. In effetti il volto raffigurato si era messo improvvisamente a sorridere».

Maurizio Ternavasio, Gustavo Rol. Esperimenti e Testimonianze, L'Età dell'Aquario, 2003, pp.139-140


5) «Ricordo una sera. Era la prima volta che lo incontravo. (…) Sedemmo in un piccolo salotto. Con noi c'erano due amici di Rol, un medico e sua moglie, persone dolcissime. Prima di sedere notai un suo quadro, appoggiato a un cavalletto. Raffigurava un paesaggio: una casa, una lunga strada protetta da un muro. All'inizio della strada un vecchio, appoggiato a un bastone. (…) Avevo la sensazione, ma non era sgradevole, che sapesse ogni parola che stavo per dire. (…) Quando ci salutammo.. diedi un'ultima occhiata alla tela. L'uomo curvo con il bastone era «arrivato» alla fine della strada, dalla parte opposta del quadro. Ebbi un brivido che il freddo della notte non riuscì a cancellare.»

Nico Orengo, Una vita vissuta per incanto. Il Mago Rol, Grazia, 16.10.1994


6) «…le sorelle Ferrarotto, pure torinesi, che possiedono un quadro di Rol raffigurante un gatto, affermano che gli occhi di questo gatto si muovono: non perché seguano il movimento della persona, ma perché si muovono quando la persona che li guarda è ferma

Remo Lugli, Gustavo Rol. Una vita di prodigi, Mediterranee, 1995, p. 24


7) Testimonianza di Domenica Fenoglio:

«Nel mio ufficio, davanti alla scrivania è appeso un dipinto di Gustavo con il soggetto di una strada di collina con carretto. Me lo aveva regalato nel 1968. Un paesaggio brullo, eppure bellissimo, e per me anche confortevole al solo guardarlo, come se mi riverberasse la bontà e la generosità di Rol. Un giorno, nel 1973, ero particolarmente avvilita perché i problemi non si risolvevano. Ho parlato come se parlassi a lui. “Ma Gustavo” ho detto, “fai qualcosa per me, non mi abbandonare”. Mi sono avviata per uscire, ma mentre varcavo la soglia ho sentito il bisogno di tornare indietro per riguardare il dipinto. Sono rimasta come di pietra: nel quadro non c’erano più solo la strada e il carretto: c’era anche un albero, sembra un ciliegio, fiorito. Sono corsa fuori a chiamare mia figlia e un’assistente. Anche loro sono rimaste stupite. Eravamo lì che commentavamo questo fatto prodigioso, quando ha squillato il telefono. Era Gustavo. Mi ha detto: “Hai visto il mio pensiero? Devi avere pazienza e le cose si sistemeranno”. Infatti si sistemarono e l’albero è sempre lì, fiorito».

Remo Lugli, Gustavo Rol. Una vita di prodigi, Mediterranee, 1995, p. 148


8) Testimonianza di Giovanna Demeglio:

«Poi quando venivo qui [a casa di Rol] lui dipingeva. Allora io stavo lì e controllavo il dipinto. M’è successo diverse volte che le cose che lui metteva, la pennellata che metteva…poi i personaggi si muovevano tutti. E lì ho detto: “Sarà un’illusione ottica.” Invece si muovevano davvero»

Intervista video inedita di Nicolò Bongiorno, 2005


9) «…oltre alla Enciclopedia Treccani c’era un ritratto giovanile di Napoleone Bonaparte, quasi sempre nascosto da una tenda, solo qualche volta la faceva scorrere per farmelo ammirare. “Questo ritratto è magico”, sosteneva, “formula mentalmente un desiderio e fissa il volto dell’imperatore, se sorriderà, ciò che hai chiesto si avvererà, in caso contrario rimarrà serio e impassibile”. Non so se fosse una suggestione, però per ben due volte mi sorrise e i miei desideri furono esauditi»

Maria Luisa Giordano, Rol mi parla ancora, Sonzogno, 1999, pp. 41-42


10) «Mentre stava dipingendo un sentiero di montagna su cui si trovava un somarello con sulla groppa un carico di legno, vidi con i miei occhi il piccolo animale spostarsi, muoversi

Maria Luisa Giordano. Rol mi parla ancora, Sonzogno, 1999, pp. 129


11) «La stessa cosa si manifestò nel paesaggio che rappresenta una strada di campagna vicina a una cascina: su questa strada un vecchio con il bastone sta dirigendosi verso la sommità della montangna, verso la luce. Questo fu un quadro molto laborioso che gli richiese molto impegno, non era mai soddisfatto: gli dedicò non solo giornate, ma notti intere. Ebbene, ricordo, e non fui la sola a vedere queste cose, che osservai il vecchio spostarsi più volte senza che Rol lo toccasse, lo si poteva vedere ora all’inizio ora alla fine della strada

Maria Luisa Giordano. Rol mi parla ancora, Sonzogno, 1999, pp. 130


12) «Stavamo conversando piacevolmente nel salotto di Rol con Federico Fellini. Gustavo diceva di essere stanco, aveva avuto una giornata particolarmente faticosa e quasi si scusava di non essere in vena di fare esperimenti.
Fellini chiese di poter vedere il suo ultimo quadro, quello a cui Gustavo stava lavorando, così Rol lo portò al centro della sala per farcelo ammirare. Si trattava di un soggetto campestre in cui due innamorati percorrevano abbracciati una stradina di campagna costeggiata da alberi di gelso. Il titolo del quadro era: “E l’amore esiste ancora?” Federico, profondamente attratto dall’opera, si avvicinò per osservarne meglio i particolari.
Ci trovavamo tutti di fronte al quadro, affascinati dal soggetto, dai colori, dalla poesia del paesaggio, quando, a un tratto, i due innamorati presero a muoversi, a spostarsi per poi ritornare nella posizione originaria, quasi non potevamo credere ai nostri occhi.»

Maria Luisa Giordano. Rol mi parla ancora, Sonzogno, 1999, pp. 185-186.


13) «Inviato dal Presidente della Repubblica di una nazione centroamericana, di cui devo tacere il nome, era arrivato a Torino per conferire con Rol un personaggio che chiameremo Arnaldo. (…)
Arnaldo gli chiese qualche previsione politica da parte del Presidente, e qui Rol si fece serio. “Il vostro Paese si trova sull’orlo di un vulcano che sta per esplodere”. E poi tornò a ribadire: “Si, la situazione è veramente esplosiva”.
Pensai che forse stava esagerando, fra tutti i paesi centroamericani, quella mi sembrava la nazione più tranquilla, ma con Rol ero abituata a non stupirmi di nessuna stranezza.
Ad un certo punto della serata, Arnaldo gli porse una fotografia che aveva nella valigetta. Forse era stata scattata durante un ricevimento, erano seduti a tavola, l’atmosfera era distesa. Il Presidente era seduto al centro, Arnaldo da un lato e un generale in alta uniforme dall’altro; il Presidente era un bell’uomo sui cinquant’anni, tutti erano sorridenti.
Rol, teneva la fotografia tra le mani, e sia io che Arnaldo la stavamo guardando. L’aspetto di Rol era molto serio e corrucciato. Fissò l’immagine attentamente per alcuni secondi e poi disse ad Arnaldo: “Riferisca al suo Presidente che lo aiuterò molto, molto più di quanto possa immaginare…” poi, mi passò la foto sotto lo sguardo di Arnaldo…
Avevo preso fiato per dire qualcosa, ma un’occhiata fulminante di Rol mi ammutolì di colpo. Ma quella non era più la stessa fotografia di prima! La scena era completamente cambiata. Il Presidente giaceva riverso su un fianco, il torace coperto di sangue, la sedia del generale era vuota, Arnaldo, curvo su di lui, cercava di soccorrerlo…
Era come assistere alla scena di un film, condensata in un solo fotogramma. Avevo la piena consapevolezza che gli avevano sparato e che il generale, ovunque fosse fuggito, fosse il responsabile dell’agguato, anche se non era stato lui a sparare… La consapevolezza mi nasceva da dentro, come se fosse una notizia già nota, un fatto compiuto…
Realizzzai in un attimo che stavo guardando una fotografia del futuro. Per quanto la scena fosse drammatica, era un fenomeno straordinario, meraviglioso, come vedere un alieno che ti guarda dritto negli occhi…
Rimanere impassibile mi costò una immensa fatica, credo di essere diventata paonazza dall’emozione…Ripassai la foto a Rol, e lui la diede ad Arnaldo. La cosa più sorprendente è che anche lui aveva continuato a guardarla con noi, eppure non si era accorto di nulla, o meglio, lui non aveva visto nulla La foto fermava un’immagine dal futuro, ma soltanto per me e Rol, per l’americano era sempre rimasta la stessa… E quando Arnaldo la riprese fra le mani, la scena era tornata normale…»

Giuditta Dembech, Gustavo Adolfo Rol. Il grande precursore, Ariete, 2005, pp. 103-106


Gli episodi che abbiamo riportato sono circa la metà di quelli esistenti di questo tipo. Ve ne sono ancora altri (29 in tutto, testimoniati da 21 persone diverse) ma essendo in alcuni casi molto simili o senza troppi particolari, abbiamo ritenuto sufficiente fornirne solo una selezione. [p.s. 2012:  la totalità degli episodi è stata raccolta nella nostra antologia "L'Uomo dell'Impossibile", capitolo XXXVII (Dipinti o immagini che si trasformano)]

A questo punto i lettori saranno in grado di trarre da soli le conclusioni della vicenda di Voyager.

La nostra posizione crediamo sia scontata: noi non abbiamo dubbi che Roberto Giacobbo, Gianluigi Toninelli e Domenica Fenoglio abbiano assistito a un fenomeno straordinario. Anzi, visti tutti gli altri aneddoti, si può anche dire ordinario

La nostra opinione difficilmente può essere qualificata come fideistica: infatti ci sono prove sufficientemente razionali per accettare questo fenomeno come autentico.

Last but not least: la dama che sorride è un prodigio post mortem di Gustavo Rol. Si va ad aggiungere ad altri fatti notevoli avvenuti dopo la sua morte. Esso è la prova del nove che i prodigi analoghi verificatisi quando era in vita non potevano essere frutto né di suggestione, né di ipnosi. L’ipnosi post mortem non ci risulta che esista…

Conclusione: il prodigio è rigorosamente autentico, come del resto tutta la straordinaria vita di Gustavo Adolfo Rol.


p.s. A completamento della vicenda di casa Provera, riportiamo qui di seguito l’episodio che aveva costituito l’antefatto del sorriso di Teresa Rovere, di cui Giacobbo aveva parlato a Stargate nel 2002.

Ce lo racconta Remo Lugli (che incorre come si vedrà solo in un piccolo errore: invece di chiamare l'antenata Teresa, la chiama Margherita, avendo probabilmente fatto confusione con il nome della moglie di Aldo Provera, che si chiama appunto Margherita):

«Sulla fine degli anni Settanta e negli Ottanta Gustavo Rol va di frequente a casa dell’amico Aldo Provera (che egli nominerà poi suo esecutore testamentario insieme con la dottoressa Catterina Ferrari). (…) Una sera del ’77 il gruppo di amici (Provera non ricorda chi fosse presente) è seduto intorno a un tavolo in un salotto tutto rivestito di boiserie del ‘700. È passata la mezzanotte e, dopo la pausa per il rinfresco con pasticcini, si riprende la seduta. Rol ha intenzione di fare una scrittura diretta, ma non sa ancora su quale argomento. Incomincia a far distribuire i fogli intonsi che ognuno piega come solitamente si fa, poi tocca al padrone di casa sceglierne uno e metterselo in tasca.
“Allora” si domanda Rol, “su cosa facciamo l’esperimento?”. Un attimo di silenzio, tutti pensano. Racconta Provera: “Io ero seduto alla sinistra di Gustavo e avevo di fronte a me, appeso alla parete, un dipinto di una mia ava, Margherita Rovere, bisnonna di mia nonna, che aveva sposato un francese, Jean François Chaidagues. Ho detto: “Di questa mia avola si è sempre raccontato che un suo figlio sia morto avvelenato. E se provassimo a chiederle se è vera questa storia?”.
Gustavo si è voltato a guardare il dipinto, poi ha detto: “Va bene, proviamo con lei”. Nell’istante in cui ha finito di pronunciare “lei”, la parte inferiore del quadro è stata proiettata in avanti e si è staccata di almeno dieci centimetri dalla parete e contemporaneamente una fiammata azzurra si è sprigionata da sotto il lato inferiore della cornice. Il quadro, che era rimasto appeso al suo chiodo, è poi ricaduto nella posizione originaria, ma battendo sul rivestimento della boiserie ha fatto un rumore fortissimo.
Siamo rimasti impressionati, direi un po’ anche Rol, perché un fenomeno di quel genere non si era mai visto nei suoi esperimenti. Stavamo ancora commentando l’accaduto, quando si è presentata una nostra collaboratrice familiare che dormiva al piano di sotto. Allarmata per il rumore sentito, veniva a chiedere cosa era successo. Dunque, non era stata una nostra suggestione, se il rumore si era udito anche al piano sottostante. Rol a questo punto mi ha invitato ad estrarre il foglio dalla tasca perché, ha detto, la fiammata e il distacco del quadro significavano che l’esperimento era già avvenuto. E infatti il foglio era scritto. Era la stessa Margherita che, in francese, rispondeva alla nostra domanda: suo figlio non era stato avvelenato, ma era morto per una improvvisa infiammazione intestinale, quella che oggi chiamiamo peritonite».

Remo Lugli, Gustavo Rol. Una vita di prodigi, Mediterranee, 1995, p. 160

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