- Il Messaggero 01/05/2001 -


La fede? Abita nel nostro cervello

Studiosi inglesi e Usa sostengono di aver individuato le zone dei "circuiti spirituali"

di Stefano Trincia

 

Credere è una questione di fede. O meglio di nervi, secondo la scienza psico-neurologica americana partita alla ricerca di un controverso quanto clamoroso Sacro Graal: la natura fisiologica, biologica, addirittura genetica della spiritualità e della religione. Lo racconta con dovizia di particolari scientifici e un imponente apparato letterario il settimanale Newsweek che dedica la copertina del suo ultimo numero al tema "Religion and The Brain". Questa la premessa: gli Anni 90, l'imminenza simbolica del nuovo millennio, la traumatica fine epocale delle ideologie, hanno risvegliato negli Stati Uniti e nel mondo la voglia di spirito, di fede e di misticismo, dando luogo a nuove chiese, nuove denominazioni, nuovi credi e nuove sette. Mettendo a frutto le formidabili risorse tecnologiche di cui la medicina ora dispone nello studio del cervello e delle sue attività, la neurologia è andata a vedere cosa succede a livello cerebrale quando è in corso un'esperienza religiosa, spirituale o mistica. E ha scoperto che...

"L'epifania religiosa, la sensazione di improvvisa, avvolgente comunione con una realtà al di fuori dei nostri sensi non è la prova necessaria dell'esistenza di Dio ma sicuramente dell'esistenza del nostro cervello", sostiene il neurologo inglese James Austin, grande esperto di Zen e pioniere di una nuova disciplina scientifica opportunamente battezzata "neuroteologia". Nel 1998 un suo libro, Zen and the Brain pubblicato dal prestigioso Massachusetts Institute of Technology, ha posto le basi della "neurobiologia della religione e della spiritualità". Un campo di ricerca di comprensibile fascino che ha portato all'inaugurazione alla Columbia University di New York di un nuovo Centro per lo Studio della Scienza e della Religione ed alla pubblicazione imminente di una serie di ricerche sul tema compiute all'Università della Pennsylvania ed al Wheaton College in Massachusetts.

Due le conclusioni preliminari degli studiosi, basate su una comune constatazione. Le esperienze spirituali ricorrono con tale frequenza in ogni tipo di cultura e di fede che "alla loro origine ci sono evidentemente strutture e processi del cervello umano". In particolare l'uso dello Spect, un'apparecchiatura molto sofisticata per la tomografia computerizzata delle emissioni di fotoni, ha consentito di individuare le zone della corteccia cerebrale che ospitano i "circuiti spirituali". La prima è stata individuata nella corteccia prefrontale che governa i processi dell'attenzione e dell'orientamento spaziale. La "radio-tomografia" del cervello in fase "mistica" ha messo in evidenza l'oscuramento di questa regione, "come se un interruttore fosse stato spento confondendo di conseguenza il limite tra reale ed irreale, tra percezione ed illusione", ha spiegato il professor Andrew Newberg dell'Università della Pennsylvania.

Il fenomeno delle visioni mistiche, delle "voci", del contatto spirituale con l'aldilà potrebbe essere invece attribuito a mini tempeste elettriche scatenate da fattori vari - ansietà, epilessia, affaticamento, mancanza di zuccheri nel sangue - nei lobi temporali. In alcune persone però - da cui l'ipotesi di una natura genetica del misticismo - tale attività sarebbe riconducibile ad una particolare sensibilità "elettrica" delle sinapsi cerebrali, tanto da rendere più frequenti e vivide le esperienze spirituali.